Attività

  • Adozione mite o legittimante aperta, cosa comportano e quale istituto è più tutelante nel permettere di mantenere un rapporto tra il minore (presente rischio giuridico) e la madre biologica? Grazie.

    • Rispondo molto volentieri e ringrazio la dottoressa Cossetto perché con la sua domanda ci offre l’opportunità di chiarire innanzitutto che “adozione aperta” e “adozione mite” non sono affatto sinonimi di un medesimo istituto giuridico, ma due realtà completamente diverse ed autonome; detto questo, è altrettanto vero che i due modelli adottivi condividono un elemento comune, qual è l’identica matrice motivazionale configurata dall’esigenza, nell’esclusivo interesse del minore, di consentirgli il mantenimento almeno su un piano fattuale di rapporti con una o più figure della famiglia di appartenenza.
      Dobbiamo infatti pensare che il minore abbandonato non è una monade né necessariamente un neonato, ma, anzi, nella stragrande maggioranza dei casi è un bambino già in età scolare e magari un adolescente, e come tale perfettamente in grado di conservare il ricordo della sua precedente situazione di vita. In tal caso è molto probabile che egli esprima il bisogno di non troncare definitivamente una relazione affettiva per lui importante con chi, genitore o parente, non è però in grado di ovviare alla situazione abbandonica: si tratta di una problematica che tutti gli operatori dell’adozione conoscono bene da sempre, e che specificamente da parte della magistratura ha fatto registrare un impegno ermeneutico sempre più intenso alla ricerca di forme più flessibili di adozione.
      Se è vero infatti che con l’adozione legittimante o piena “cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia di origine” (art.27, L.A.), ciò non vieta né preclude il mantenimento di contatti con figure del passato se funzionale al benessere del minore; è in tal senso, dai primi anni ottanta, che ha iniziato a pronunciarsi una certa giurisprudenza di merito, che distinguendo tra rapporti giuridici e rapporti, rectius, relazioni interpersonali, ha ammesso più volte nel superiore interesse del minore la possibilità di suoi contatti con familiari di origine, sia pure con rigorose cautele e previo accertamento della disponibilità e della cooperazione della famiglia affidataria.
      Si parla in tal caso di “adozione aperta”, dove l’adozione è legittimante, e dove quindi i rapporti fra adottato e famiglia di sangue non incidono sulla stabilità del rapporto giuridico fra adottato e adottanti.
      Ben altra cosa è invece l’”adozione mite”, che da sempre ritenuta una mera ideazione giuresprudenziale, proprio di recente si è vista formalmente restituire dignità di istituto giuridico con la “storica” sentenza della Corte di Cassazione del 21 novembre 2021, n. 35840.
      Chiariscono infatti i giudici di legittimità che “l’adozione mite trova il suo fondamento nella previsione dell’adozione in casi particolari di cui alla norma dell’art.44, lett. d), L. n.184/1983, da intendersi clausola aperta e di chiusura del sistema (legislativo in materia adottiva). Tale forma di adozione si struttura in modo completamente differente, sia nei presupposti, che negli effetti, dall’adozione piena o legittimante. Infatti, se quest’ultima è costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello di sangue, con definitivo ed esclusivo inserimento del minore in una nuova famiglia, l’adozione mite, o in casi particolari, crea invece un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, non estinguendo il rapporto (giuridico) del figlio con la famiglia di origine”.
      In buona sostanza, la C.C. ci dice che il nostro ordinamento in materia contempla una pluralità di modelli di adozione, rispetto ai quali è compito ineludibile del giudice valutare caso per caso, e quindi tenendo conto delle peculiarità di ogni singola fattispecie concreta, se ricorrere ad una tipologia adottiva che non recida i rapporti minore/famiglia d’origine.
      E’questo, del resto, l’input che ci arriva anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sempre attenta a ribadire che ogni essere umano ha diritto prioritario di crescere nella propria famiglia – così come sancisce l’art.1 della nostra normativa -, e che il ricorso all’adozione piena deve ridursi ad un’extrema ratio, limitata, cioè, alle situazioni di irreversibile, permanente ed inescusabile stato di abbandono.
      In presenza invece di c.d. “zone grige”, cioè di situazioni di “semiabbandono”, “abbandono semipermanente o anche ciclico”, in cui la famiglia è più o meno inadeguata a farsi carico della crescita del minore, ma svolge comunque un ruolo importante dal punto di vista dell’affettività, l’adozione mite pare il modello adottivo più appropriato a tutelare l’interesse del minore.
      Fatta questa premessa teorica e venendo all’ipotesi concreta prospettata dalla dott.ssa Cossetto, dico che l’opzione più favorevole è sicuramente quella dell’adozione mite, ma che qui vedo però fortemente a rischio.
      Nella domanda si fa infatti riferimento all’esistenza di un c.d. “rischio giuridico”, che è l’espressione con la quale si indica la situazione di un minore dichiarato adottabile in conseguenza del suo accertato stato di abbandono, ma con sentenza ancora non definitiva (vuoi per pendenza del termine per impugnare, vuoi per pendenza del giudizio di appello o cassazione); e ove mai l’adottabilità non fosse revocata, è molto più probabile che il minore venga poi adottato con adozione legittima e non mite, cioè ai sensi della citata lettera d) dell’art.44, per il seguente motivo.
      La norma si riferisce ai casi di accertata impossibilità/impraticabilità dell’affidamento preadottivo; per giurisprudenza costante, tale presupposto può sussistere sia da un punto di vista fattuale (il minore è adottabile, ma per età, condizioni psichiatriche/psicologiche, ecc, non si è reperita nessuna famiglia disposta ad adottarlo), che da un punto di vista giuridico (il minore non è adottabile, quindi l’affido preadottivo non può essere disposto).
      Detto questo e tornando al nostro caso, gli scenari prevedibili sono due:
      – se il “rischio giuridico” viene meno con conferma dell’adottabilità del minore, e questi sia ancora in età infantile e in buone condizioni psico-fisiche, ci sarà tutto lo spazio per un’adozione legittimante piuttosto che per quella speciale, e la richiesta della madre biologica di mantenere rapporti con il figlio troverà molti ostacoli rispetto al suo accoglimento (certamente meno se la richiesta fosse ipoteticamente supportata anche dal tutore e dal curatore speciale, perché in tal caso ne è evidente il potenziamento di chances);
      – se invece il “rischio giuridico” viene meno per revoca dell’adottabilità, ma non ci sono comunque le condizioni per un ricongiungimento madrebiologica/figlio, il minore sarà avviato ad un percorso di adozione mite, con conseguente massima tutela dei suoi rapporti – di diritto e non solo di mero fatto – con detta madre e tutta la rete parentale

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